L'ultimo saluto a Felice Pulici, la lettera di Pino Wilson
“Ciao Felice, sei arrivato in punta di piedi nel lontano ’72 e così, sempre in punta di piedi, te ne sei andato. La nostra famiglia, quella acquisita, la ‘banda’, per intenderci, e non quella splendida famiglia che tu e Paola avete costruito con Michela, Gabriele e Raffaele ha perso un altro pezzo. E che pezzo! Questa è una perdita importante, tanto quanto quella degli altri che ci hanno lasciati. Una perdita che ha portato, tuttavia, uno sgomento e un vuoto incredibile e incolmabile. Senza respiro pensavamo che Lui ci concedesse un po’ di tregua, invece a soli tre mesi dalla dipartita di Mario (Facco) ha voluto rimetterci alla prova. Però, questa volta, il lutto è stato pesantissimo. Di punto in bianco, improvvisamente, abbiamo perso la voglia di rimanere adolescenti. La sindrome di Peter Pan che aveva contraddistinto il nostro modus vivendi è svanita, siamo ritornati adulti, se non anziani. Difficilmente potremo riavere la gioia, la serenità e la spensieratezza del quotidiano. Quante battaglie, quante gioie e belle serate abbiamo trascorso davanti a un bicchiere di vino, a raccontarci quegli anni favolosi e incredibili. Gli aneddoti e le prese in giro con Giancarlo (Oddi) e le tue proverbiali esternazioni con un crescendo rossiniano e con Paola che ti invitava alla calma. Diceva ‘Felice! Felice, basta!’. Mi piace ricordare i giorni che hanno preceduto la prima edizione di Di Padre in Figlio, quando con Giancarlo abbiamo stilato la formazione – quella nostra – da opporre a quella dei ragazzi che ci hanno sempre rispettati e che mai ci hanno fatto pesare le loro vittorie più pesanti in campo nazionale e internazionale. Ci siamo preparati come se volessimo vincere pure quella partita! Pieni di orgoglio abbiamo deciso poi di farci sostituire dai nostri figli. Il tuo Gabriele tra i pali, senz’altro migliore di te nelle uscite – detto tra di noi, Felice – e poi James, Cristiano, Giorgino e i figli di Nanni, Petrelli, Martini, Re Cecconi, Frustalupi e così via. Ci brillavano gli occhi! Starei ore ancora a raccontare, ma la botta è stata devastante. La banda di anno in anno si assottiglia. Ma anche quando rimarranno solo due di noi e uno dei due volerà in cielo, sono sicuro che l’altro – dopo un po’ di esitazione – lo chiamerà e gli dirà: ‘fermati, che vengo anche io!’. Vorrei terminare con dei versi di Felice che questa mattina mi ha mandato Giancarlo e con una piccola licenza. Dice Felice: ‘La Lazio non è una squadra di calcio, la Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie. E come i giovani figli di Sparta attrae a sé solo chi è disposto a soffrire, perché quando c’è la Lazio di mezzo non c’è mai nulla di facile’. Questo lo pensavamo, lo pensiamo tutt’ora e lo penseremo. Ciao Felice!”