L'impresa delle donne del volley
Perché era la Serbia, perché avevano perso tre finali consecutive con loro, perché c’erano 20mila persone a Belgrado. Perché si sono tolte quell’ombra dalle spalle, quella delle eterne seconde. Quando andava bene, seconde. Poteva essere la partita che le avrebbe affossate, psicologicamente intendiamoci, è stata quella della rinascita. Di un oro che non arrivava da dodici anni. C’erano Lo Bianco, Piccinini, Aguero, Del Core. L’antologia del volley. La vittoria dell’Europeo è stata di gruppo, totale, liberatoria. La storia della nazionale femminile di pallavolo passa attraverso grandissime ferite e gioie incontenibili. Le ferite sono i Giochi olimpici. A Tokyo non era la prima volta che il sogno si frantumava troppo presto (nel 2008 a Pechino con Del Core fermata prima della partenza da un problema cardiaco e la morte della madre della Aguero si è toccato apici perfino maggiori). Ma è indubbio che le ragazze di Mazzanti avevano creato intorno a loro un’aspettativa mediatica che mai c’era stata prima. E quindi la caduta è stata rumorosa, scomposta, dolorosa. Oggi queste ragazze possono gridare al mondo (e lo fanno, a guardare i loro post sui social) che sanno vincere e non solo parlare. Che sono forti, unite, coese. E sanno rialzarsi, soprattutto. Perché la vittoria con la Serbia è la loro rivincita. La rivincita di chi in questo gruppo, Mazzanti per primo, ci ha sempre creduto.